“Gli omicidi dei Monuments Men” di Josh Lanyon – Recensione

Ciao cari readers, ho letto Gli omicidi dei Monuments Men (L’arte del delitto Vol. 4) di Josh Lanyon, edito per Triskell Edizioni, che ringrazio per il file, uscito il 26 maggio 2020.
Eccolo!

Gli omicidi dei Monuments Men - Trama
Pur avendo puntata addosso l’attenzione di un pericoloso stalker, l’agente speciale Jason West sta facendo del suo meglio per concentrarsi sul lavoro e ignorare i problemi personali.
Il suo caso più recente implica però il coinvolgimento di un membro dei Monuments Men nel furto e, forse, nella distruzione di un dipinto perduto di Vermeer che fa parte del patrimonio culturale mondiale. Il capitano di corvetta della Naval Reserve Emerson Harley, oltre a essere stato un eroe della Seconda guerra mondiale, era il nonno di Jason, il suo idolo d’infanzia. Anzi, ha giocato un ruolo importante ispirandolo a entrare nella squadra Crimini artistici dell’FBI.
Per Jason, venire a sapere che il leggendario nonno potrebbe aver chiuso un occhio sul fatto che i soldati americani, alla fine della guerra, abbiano “affrancato” opere d’arte inestimabili non è solo spiacevole. È devastante.
Jason è deciso a riscattare il nome del nonno, anche se questo significa infrangere lui stesso un po’ di regole e disposizioni, mettendosi in rotta di collisione con il suo partner nella vita, il capo dell’Unità analisi comportamentale Sam Kennedy.
Nel frattempo, qualcuno nell’ombra temporeggia…

Questo è il quarto libro della serie, e ovviamente mi spiace aver iniziato da questo capitolo della storia e non dal primo, ma cercherò di recuperare al più presto.

La loro relazione non era un segreto, ma non era neanche di pubblico dominio, anche se forse non era più così dopo la colazione di quel mattino. Ci si aspettava, però, che sul lavoro riuscissero a contenersi o a trattarsi reciprocamente come colleghi e non come partner di vita.
Tutto quello che Sam provava doveva essere trasmesso attraverso una stretta della spalla, e tutto quel che provava Jason doveva essere confinato a un ancora più breve gesto con cui copriva la mano di Sam con la propria.

Jason West è un agente speciale della squadra Crimini Artistici dell’FBI, tormentato e tenace.

Sam Kennedy, suo compagno, è il capo dell’Unità Analisi Comportamentale dell’FBI, duro e inflessibile.

J.J. Russell è il collega scanzonato di Jason, e insieme stanno investigando per conto di Hans de Haan, storico dell’arte e investigatore privato assunto dal museo Aaldenberg van Apeldoorn per ritrovare alcune opere d’arte trafugate dal bottino dei Nazisti e sparite da tempo, tra cui un Vermeer che pare sia una leggenda: esisterà davvero?

Avendo insistito che era il più qualificato per occuparsi dell’indagine sulla base del fatto che ne conosceva approfonditamente ogni aspetto – il che, per la cronaca, era vero – gli sarebbe stato impossibile in seguito sostenere di non aver notato quel collegamento personale.
Odiava trovarsi in quella posizione. La consapevolezza di stare mettendo a rischio un lavoro che amava e una carriera di cui era orgoglioso era un peso quasi fisico nella sua mente. Non vedeva una soluzione.
«Apprezzo il consiglio.»
«No che non lo apprezzi. Però ho ragione.»

Emerson Harley, il nonno di Jason, era a capo dei Monuments Men durante la Seconda Guerra Mondiale, la missione di questo corpo era la protezione ed il recupero dei beni culturali e artistici nelle aree di guerra.

Jason ha voluto fortemente questa missione, proprio per scoprire se il nonno è realmente colpevole di avere fatto trafugare delle opere d’arte, come sembra dall’analisi di alcune lettere scritte da Thompson, ormai morto.

Thompson di sicuro aveva dovuto rispondere a un intero ordine gerarchico. Ma quella storia riguardava opere d’arte rubate, quindi anche se lui non avesse specificamente indicato Harley, il vice del programma Monuments, Fine Arts and Archives sarebbe stato automaticamente il principale sospettato.
E se Quilletta aveva ragione, se suo zio nominava Harley in quelle lettere, agli occhi di molte persone il caso sarebbe parso chiuso.
Ennesima ragione per cui Jason era stato riluttante a passarlo a qualcun altro.

 Jason ha però volutamente omesso ai suoi capi, e a Sam, il particolare di essere coinvolto nell’indagine, consapevole che potrebbe costargli la carriera, una volta scoperto. Crede di essere l’unico qualificato, in quanto profondo conoscitore del nonno, che reputa persona integerrima e ligia al suo dovere, per passione.

«Credi davvero che Sandford ti avrebbe sparato se non ci fosse stato il receptionist a guardare?» Il tono di Sam era neutro, lo sguardo attento.
«Stava prendendo in considerazione l’idea. Di questo sono convinto.» Jason inghiottì il suo Kamikaze e posò il bicchierino sul tavolo. Sebbene avesse avuto varie ore per elaborare lo scampato pericolo, si sentiva ancora scosso.

Jason, ferito dopo l’attacco di Jeremy Kyser, uno stalker psicopatico che Jason incontra in un precedente libro e da cui si sta ancora riprendendo psicologicamente, si trova a dover fronteggiare lo sceriffo della contea dove sta investigando, amico degli eredi di Thompson, e ne esce scosso.

Sam si alzò. Si alzò anche Jason, pronto a… Gesù, stavano per venire alle mani? Non ne aveva idea. Non aveva mai visto Sam così arrabbiato, non aveva mai immaginato un simile livello d’ira indirizzato a lui. In un angolo remoto del cervello si chiese se stesse sognando.
Non può succedere veramente.
Ma non arrivarono alle mani. Non si avvicinarono abbastanza da toccarsi.
Sam disse in quel tono stranamente piatto: «Prendi il fascicolo ed esci dalla mia camera,» e poi andò in bagno.
Jason rimase immobile; poi si vestì con mani tremanti, afferrò il dossier e lasciò la stanza di Sam.

Jason chiede a Sam il suo parere facendogli leggere il fascicolo dell’indagine, non sopportando più di non avergli detto che è coinvolto, e la loro liaison prende una piega amara: Sam diventa freddo, avendo perso la fiducia in Jason, e il loro rapporto si incrina.

 Emerson Harley non aveva mai evitato il confronto in vita sua. Avrebbe contestato direttamente le accuse di ogni tipo, portandole alla luce e cancellandole a una a una. E se avesse saputo che compromessi morali Jason stava facendo per “difendere” il suo onore, sarebbe rimasto inorridito.
Non ho bisogno che tu difenda il mio buon nome. Il mio buon nome è la mia difesa.
Ecco che cosa avrebbe detto Emerson Harley.
E avrebbe avuto ragione.

Ora Jason sa cosa deve fare.
Come si concluderà questa indagine?
E cosa succederà alla sua relazione con Sam?
Ritroverà le opere d’arte rubate?
Il Vermeer esiste veramente?
Scoprirà la verità sul nonno?
E cosa è successo allo stalker psicopatico? (devo per forza leggere quel libro, sono troppo curiosa).

Niente spoiler, lo scoprirete leggendo il libro, ovviamente.
Non vi avevo ancora detto che non amo gli spoiler? 😊

Gli omicidi dei Monuments Men è una storia intrigante che vale la pena seguire libro dopo libro per poter conoscere dal principio il protagonista Jason West e apprezzarne a fondo le sfumature del carattere.

Questo quarto capitolo si può tranquillamente leggere senza aver letto i precedenti, ma sappiate che la vostra curiosità, così come la mia, vi scuoterà e punzecchierà.

Io ve ne consiglio la lettura, è una serie mystery avventurosa, scritta con uno stile pulito e coinvolgente, mai noioso, che rende subito partecipi della trama, e stimola, pagina dopo pagina, l’interesse di andare a cercare un quadro o un’opera d’arte per averli negli occhi e gustare appieno il passo che si sta leggendo.

Tutti i protagonisti sono ben delineati, i loro caratteri sono spigolosi e tormentati, curiosi e caparbi, ognuno si muove guidato dalla propria passione, che sia romantica, intellettuale o lavorativa.

Vi suggerisco, però, di cominciare dal primo libro della serie per non perdere nessuna sfumatura, nessun batticuore e nessuna indagine, perché a mio parere ne vale la pena.

Io ho preso l’appunto nella mia to-do-list (pressoché infinita) perché sicuramente voglio colmare questa mia lacuna prima del prossimo volume della serie.  

Jason e Sam mi sono piaciuti “a pelle” e voglio scoprire come e quando si sono conosciuti, come è nata la loro storia, e chi è lo stalker.

Per questo libro avventuroso ho pensato ad un aperitivo roccioso e virile ma anche vellutato ed elegante, io vi propongo il Kojak, un cocktail non molto alcolico pieno di contrasti (restiamo in tema di detective, anche se Jason non mangia lecca-lecca e non è pelato😉): le fragole, dolci e profumate, il Biancosarti, un bitter ruvido con profumi e sapori di erbe e cortecce, la vodka, cubetti di ghiaccio e un top di birra creano un mix dolce-amaro perfetto, in sintonia con Jason e Sam.

Buona lettura,
Rekla.

 

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