Recensione “Kaijin – l’ombra di cenere” di Linda Lercari

Buon pomeriggio readers! Oggi vi parlo di un libro che ho appena finito di leggere, “Kaijin – l’ombra di cenere” di Linda Lercari, edito da Idrovolante Edizioni.

Prodotto fornito dall’autrice ai fini di una recensione.

SINOSSI
Giappone – periodo Kamakura, anno 1330. Le parole che il fedelissimo samurai Haka mormora sul letto di morte sono un enigma e diventano un tarlo che rode la mente del suo signore. Alla ricerca di indizi che possano far luce sul mistero, Momokushi ripercorre la storia dell’amicizia con l’amico e guerriero, scavando nel passato e visitando i luoghi che sono stati testimoni delle loro imprese di gioventù. Ma ciò che Haka ha mantenuto celato per oltre cinquant’anni non è solo un segreto in grado di sconvolgere una vita, ma anche la più struggente dichiarazione d’amore che un essere umano possa lasciare in dono.

Grazie a quest’autrice, ho potuto immergermi in un periodo storico-geografico in cui credo di non essere mai “stata”, ossia nel Giappone medievale. 

Siamo infatti nel 1330, durante il periodo Kamakura. Momokushi, durante una battaglia, assiste agli ultimi istanti di vita del suo vecchio e fedele samurai, Hakashinjitsu, detto il demone, e le ultime parole che gli rivolge l’amico sono per lui sconvolgenti! Momo (abbiate pietà abbrevio i nomi per comodità) inizierà una ricerca per scoprire a cosa Haka si riferisse.

Né vincitori né vinti in un giorno leggendario che aveva visto la fine di una delle figure più temute.

Tutto il libro è articolato tra passato e presente, in un vortice di ricordi ed episodi che ripercorre i momenti salienti della vita dei due. Attraverso questo stile di narrazione riusciamo a conoscere bene Momo, un nobile che si comporta come potremmo pensare si comportino tutti i nobili, quindi come se avesse sempre ragione, come se gli fosse tutto dovuto e a volte si comporta come un bambino

Rideva e rideva, osservando lo sguardo incredulo e offeso del suo grande signore, di quel nobile che credeva che bastasse rivestire d’oro una donna per essere autorizzati a violarla, che aveva disposto uomini e cose a suo piacimento, ma che non si era reso conto di chi fosse la persona che più di tutti, per oltre sessant’anni, lo aveva seguito, consacrandogli l’intera esistenza. 

Con la morte del suo più caro e vecchio amico, e dopo l’inizio delle sue “indagini”, inizia a rendersi conto di molte cose: di come in realtà non sapesse molte cose riguardanti l’amico, di quanto questi facesse in realtà per lui, di quanto lo aiutasse nel sopportare questioni e incombenze così pesanti per le spalle di un solo uomo. 

Di tutto questo inizia a rendersi conto soprattutto quando va a trovare la concubina di Haka, Himitsushuei,

Era sempre sorridente e serena; non molto bella, conservava però quella freschezza ingenua che al nobile signore era piaciuta tanti anni prima.

una persona sincera e anche se in soggezione al cospetto del signore, abbastanza coraggiosa da dire quello che pensa. È una figura che ho apprezzato molto, da non sottovalutare e che forse meritava anche più attenzioni, nonostante l’autrice si soffermi un pochino su di lei. Una donna che ha dovuto fare molti sacrifici in nome di quella libertà che non veniva concessa a tutte. 

Che cosa sappiamo di Haka? Poco all’inizio, la nostra è una scoperta all’enigma che lo attornia, una scoperta che va di pari passo con la ricerca del nobile signore. Grazie ai ricordi di Momo e della concubina riusciamo a comprendere le varie facce della medaglia che compongono il carattere di Haka, così semplice (in realtà poco) ma complesso (più che altro) allo stesso tempo. Momo rimane sconvolto da quel lato che non conosceva dell’amico, con cui ha avuto fin dall’inizio un’enorme intesa. 

Un incantesimo non richiesto stava spezzando le serrature e i pensieri assopiti e le vicende passate stavano uscendo senza controllo. 

Perché non conosceva quegli aspetti? Perché l’amico li aveva celati? Perché quell’ultima frase? 
Tutti quesiti che lo fanno impazzire (e non solo lui, visto che fino alla fine non sappiamo quale sia questa famosa frase) e invecchiare di colpo, come se la mancanza dell’appoggio dell’amico, che l’aveva sostenuto per anni, l’avesse fatto cadere finalmente preda del tempo e dell’età.

Sono un’ombra, la sua ombra, fra i ciliegi in fiore, fra i petali caduti, fra le dame, fra i soldati in guerra, fra i caduti in battaglia.
Sempre al suo fianco, ombra e null’altro. Mu (nessuno), per sempre.

Nonostante non sia un genere che sempre riesco ad apprezzare, ma in realtà ammetto di non avere nemmeno molte opportunità di leggere, ho trovato questo libro particolarmente coinvolgente grazie allo stile scorrevole con cui l’autrice ci fa una bella panoramica delle tradizioni giapponesi del XIV secolo spiegando, senza annoiare, le varie parole che non conosciamo, a meno di non essere appassionati di cibo, armature, arti marziali, tradizioni ecc. Descrizioni sicuramente davvero molto accurate, per non parlare delle metafore e delle similitudini molto originali.

Mi sarebbe piaciuto sapere qualcosina di più di Momo, descritto principalmente come nobile e nelle vesti di amico “cieco” di Haka, ma visto che il libro è incentrato, secondo me, più sulla figura del demone, potrebbe starci come decisione. 

Mi è piaciuto constatare l’accuratezza che è stata riversata in questo libro, sia per quanto riguarda tutte le descrizioni storiche e quant’altro, che per la cura del testo, quasi perfetta!

In alcuni punti, verso la fine, troviamo degli episodi che riguardano di passato di Haka, raccontati proprio da lui. Ecco, essendo morto nel momento della narrazione, ammetto di non riuscire a capire se questa scelta mi soddisfi appieno oppure no ahah ma devo comunque dire che il finale mi ha sconvolta! Avevo avuto qualche presentimento, ma l’autrice è comunque riuscita a sorprendermi!

Libro molto consigliato!

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